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Intervista a Leonid Afremov, l’impressionista del XXI secolo

Nato in Bielorussia sotto l’Urss, Leonid Afremov, il celebre artista contemporaneo, ha combattuto tutta la vita per la sua individualità e libertà artistica, con i colori e il sentimento che solo un impressionista poteva esprimere.

Leonid Afremov è stato un pittore impressionista nato a Vitebsk (Bielorussia) il 12 luglio del 1955 da genitori ebrei, morto lo scorso agosto.

Dopo anni di continui trasferimenti e viaggi intorno al mondo, l’artista si è stabilito in Messico, dove si è dedicato a tempo pieno alla sua arte, messa sul mercato tramite il suo sito ufficiale.

Il suo stile è inconfondibile, i suoi colori sono già leggenda e noi de La Testata – Testa l’Informazione l’abbiamo intervistato, ecco le sue risposte!

Quando hai deciso di diventare un artista?
“Ho sempre amato disegnare e dipingere, fin da quando ero piccolissimo. È una cosa che mi ha sempre interessato. Ho proseguito gli studi artistici all’università laureandomi in “Arte” e specializzandomi in “Educazione” (n.d.r.: una magistrale necessaria per insegnare) così da poter lavorare anche come insegnante.
Ho trascorso la mia gioventù nell’Unione Sovietica, dove vendere quadri era un qualcosa di inaudito e forse anche illegale sotto quel regime comunista. Nel 1990 mi sono trasferito a Israele dove ho potuto ufficialmente vendere le mie prime opere. È stato l’anno in cui è iniziata la mia carriera.”

Qual è il tuo rapporto con i colori? Perché hai scelto questo stile?
“Amo i colori “puliti”. Il pennello, ad esempio, non è uno strumento pulito e per avere un dipinto senza colori sporchi avrei bisogno di un pennello per ogni singolo colore a causa dei residui di pittura che restano sui peli. Perciò ho scoperto che con la spatola metallica riesco ad ottenere un tratto preciso, pulito e senza residui, che mantenga la purezza del colore a ogni tratto.
Comunque, tornando alla scelta dei colori, mi reputo una persona molto positiva e ottimista e questo si riflette sicuramente nella scelta di colori vividi e brillanti.”

Cosa ne pensi dell’arte italiana, hai tratto ispirazione anche da questa?
“L’arte italiana è stata una parte della mia educazione artistica ma di sicuro non mi è stata di grande ispirazione per il suo troppo realismo.
A quei tempi cercavo un modo di allontanarmi dal realismo senza attraversare la linea di confine con il surrealismo perché i miei dipinti rispettano comunque le leggi della natura e del buon senso.”

Qual è la tua opinione riguardo il futuro dell’arte?

“L’idea del futuro dell’arte è intrigate e deludente allo stesso tempo.
Da un lato avremo sempre nuovi artisti sperimentali che aggiungeranno sempre elementi nuovi, fonderanno nuovi movimenti e correnti diverse. D’altro canto avremo sempre più persone che non dovrebbero avere un pennello tra le mani e che cercano di vendere qualsiasi prodotto scadente producano giustificandolo con l’etichetta di “arte concettuale”.
C’è ancora un altro canto, in realtà, ed è quello dell’arte digitale: Photoshop e simili. Anche queste possono essere considerate forme d’arte ma mancano del tocco umano, delle sensazioni.”

Qual è il tuo artista preferito?
“Marc Chagall.”


Ti definisci “un impressionista”. Sei più legato ai primi impressionisti francesi oppure segui un movimento contemporaneo neo-impressionista?
“La mia principale ispirazione viene dai primi impressionisti come Monet e Renoir.”

Antonio Alaia

Vedi anche: Come Ida Chagall salvò i dipinti del padre dall’Europa nazista

Antonio Alaia

Antonio Alaia, o semplicemente ALAIA, nasce contro la sua volontà intorno al 1998. Da allora si trascina tra licei, università e uffici in attesa della fine; nel frattempo scrive di cinema, sociale, politica e tutto ciò che ritiene sia interessante e che possa avere anche il minimo impatto sulla società che lo circonda.
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