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Paolina, la Venere sfrontata

Di Anna Russo

«Come! Avete posato così nuda davanti al Canova?»

«Ma la stanza era ben riscaldata!»

È di Maria Paola Bonaparte, meglio conosciuta come Paolina Borghese, il corpo di donna scolpito con straordinaria sensualità da Antonio Canova nel 1808.

La statua, che ben rappresentava l’indole di sua altezza imperiale, fu commissionata nel 1804, come regalo di nozze, dal principe Camillo Borghese.

Ben valsero seimila scudi.

Paoletta, come il fratello Napoleone era solito chiamarla, mostrò fin da bambina l’insofferenza verso ogni tipo di regola e costrizione. Le notizie della sua avvenenza quanto frivolezza la precedevano e Canova ben seppe unire in un sol blocco la grande sensualità mista alla bellezza sublime e distaccata di una dea.

Lo scultore liberò dal marmo una Venere vincitrice con le fattezze della appena venticinquenne Paolina, adagiata su un’agrippina come Afrodite soddisfatta della sua vittoria contro Era e Atena.

La «statua della principessa Borghese» simula, infatti, il momento in cui la dea si distende rilassata e fiera dopo aver ricevuto da Paride il pomo della discordia, l’ambita mela sulla quale era inciso “Alla più bella”, l’infausto dono che il principe troiano riservò alla dea dell’amore scatenando l’ira delle dee concorrenti.

È incredibile come lo scultore riesca ad esaltare il corpo della giovane donna che risulta, ad un tempo, sensuale e pudica. Il busto nudo regala ampia visione delle sode carni mentre una leggera veste avvolge delicatamente il resto del corpo lasciandone scoperta l’ultima parte della schiena che corre liscia e sinuosa verso i glutei e trascurando di coprire le pieghe dell’inguine che appare, così, più erotizzante di quanto se fosse stato totalmente scoperto.

Per rendere il tutto maggiormente vivo, l’esperto artista, applicò sulle parti svestite una leggera patina rosa imitando così l’incarnato umano.

Il volto idealizzato, l’equilibrio delle linee, l’alternanza di pieni e vuoti donano alla statua straordinaria fluidità, mentre un apposito ingranaggio posto nella base di legno era in grado di far ruotare lentamente la scultura in un gioco di luci ed ombre che rendevano la statua una continua ed infinita scoperta.

L’opera fu esibita nel Palazzo Borghese di Campo Marzio fino al 1820 quando il principe Camillo decise di farla chiudere in una cassa dietro richiesta della ormai ammalata e non più giovane consorte.

«Camillo, vorrei pregarvi di farmi un piacere… So che talvolta consentite a qualcuno di vedere la mia statua di marmo. Sarei lieta che questo non accadesse più, perché la nudità della scultura sfiora l’indecenza. È stata creata per il vostro piacere, ora non è più così, ed è giusto che rimanga nascosta agli sguardi altrui.»

L’opera è oggi custodita nella Sala I a pian terreno di Villa Borghese.

 

 

 

 

 

 

 

La Redazione

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