Arte & Cultura

Il mestiere di scrivere 

di Veronica Nastri

Beppe Fenoglio una volta disse: “Scrivo per un’infinità di motivi. Per vocazione, anche per continuare un rapporto che un avvenimento e le convenzioni della vita hanno reso altrimenti impossibile, […] anche per restituirmi sensazioni passate. Per un’infinità di motivi, insomma.”

Tutti possono scrivere. Basta un foglio, una penna, una storia da raccontare. La scrivi, cerchi un editore oppure te la stampi da te o l’autopubblichi come ebook. La tecnologia aiuta e tanto, oggi più che mai, a dare visibilità a chi scrive.

Contemporaneamente, però, succede qualcosa di inverosimile, che rischia di impoverire, anziché arricchire. Se tutti possono dirsi scrittori che ci sono a fare i suddetti? Non è un paradosso. È quello che avviene oggi. Dove ogni cosa diventa merce da consumare in pochi giorni, mentre i libri svaniscono e non durano. E allora andiamo a vedere cosa significa essere scrittore e scrivere un libro, o ancora come si impara a scrivere e quali sono i motivi che si spingono a farlo … troppi, un’infinità.

Scrivere un libro o qualsiasi altra cosa, scriverla sul serio si intende, è una fatica bestiale. La storia e la penna spesso non coincidono, ciò costa fatica, tentativi, ricerche, frustrazioni, delusioni, rifiuti. Quello che viene fuori è che confezionare un libro è un lavoro maniacale, non basta una buona idea, scrivere vuol dire esporre se stessi, mettersi a nudo, una cosa così intima, che va oltre ogni questione burocratica o editoriale che ci sia alle spalle.

Il talento è indispensabile e non esiste scuola di scrittura che possa farlo nascere. Senza talento non c’è scrittore e serve comunque disciplinarlo, coltivarlo con la fatica e con il lavoro. E si deve cercare il proprio stile, con pazienza e senza fretta. In sintesi, per diventare uno scrittore il patrimonio genetico è una necessità insostituibile, ma non sufficiente.

All’inizio si può scrivere ovunque, ma bisogna sacrificare il proprio tempo per farlo, si scrive invece di vivere. Bisogna dare moltissimo per ottenere qualcosa. Magari non è molto, comunque meglio di niente. Non ci sono valori prestabiliti; si dà molto in cambio di nulla; lo stai facendo per niente, in pratica.

Se è davvero così, se è davvero tanto difficile questo mestiere e per lo più non se ne ricavano grandi profitti…perché lo si fa? Ma che cos’è questo impulso? Perché uno scrive? È questo il nocciolo della questione. Perché, dunque? Per il piacere che se ne ricava, sebbene sia chiaro che non è poi un piacere così grande. Per dare piacere agli altri, allora.

E allora, si parla di scrivere per vivere o vivere per scrivere? Sembra la stessa cosa, ma non lo è. Basta invertire la posizione di appena due parole e tutto cambia. Molti che amano la scrittura vorrebbero vivere per scrivere, ma si ritrovano a farlo per guadagno. Viviamo in tempi duri e spesso le passioni vengono negate o, nella migliore delle ipotesi, relegate in un angoletto buio. A marcire. In attesa che “le cose cambino”.

In realtà non bisogna aspettare che il tempo passi, non bisogna scegliere tra l’una e l’altra opzione; l’unica cosa da fare è trasformare la tua passione in lavoro, in questo modo tutto cambia. Le giornate scorrono via serene e felici, e il lavoro sembra un gioco. Questo è l’obiettivo da raggiungere, lavorare scrivendo, non dover utilizzare più la congiunzione “o”, ma “e”: scrivere per vivere e vivere per scrivere”.

Alla fine, quello che resta, in ogni traccia di inchiostro malleabile, è ciò che lo scrittore riesce a donare al suo lettore.

 

 

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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