Arte & Cultura

I giocatori di carte: lo spartiacque della modernità

di Sveva Di Palma

Trattate la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva, in modo che ogni lato di un oggetto di un piano si diriga verso un punto centrale”.
Paul Cézanne, lettera a Emile Bernard, 1904.

I giocatori di carte è il nome di una serie di dipinti ad opera del pittore francese Paul Cézanne (19/01/39-22/10/06). La serie è composta da cinque dipinti (risalenti agli anni 1890-95), tutti oli su tela, raffiguranti il medesimo tema. Prodotto di uno studio lungo e complesso, basato su bozze e ritratti singoli, soggetto a mille modifiche e disegni preparatori, viene ricordato ad oggi come il suo lavoro più importante.

Uno dei quadri del gruppo fu venduto nel 2011 alla famiglia Reale del Qatar alla modica cifra di 250 milioni di dollari. La più alta della storia.

Ma cosa rende realmente così appetibile, desiderabile e famosa quest’opera? In cosa essa si distingue dalle altre, eseguite dalla stessa mano maestra?

Nelle parole di colui che ha rappresentato la Storia dell’Arte in Italia fino agli anni ’70, ovvero lo storico Roberto Longhi, Paul Cézanne è “… Il più grande artista dell’era moderna”.

La chiave per comprendere la natura de I giocatori di carte e del suo successo è contenuta precisamente in questa facile, apparentemente banale, constatazione.

Paul Cézanne è semplicisticamente e meccanicamente definito dai manuali di Storia dell’Arte, adottati dalle più eminenti Università italiane, come “pittore post-impressionista moderno”; definizione corretta ma qualitativamente limitante.

I giocatori di carte è l’opera massima, è l’acme della cifra pittorica e artistica del più grande innovatore delle arti figurative moderne. Il vero nucleo pulsante, il nodo significativo è rappresentato dal pensiero dietro la tecnica, dalla riflessione che precede l’esercizio.

“… Bisogna imparare a dipingere sulla base di queste figure semplici, dopo si potrà fare tutto quello che si vorrà”.

Nelle sue lettere all’amico pittore Emile Bernard, Cézanne esplora questo nuovo modo di osservare e percepire la realtà. Attraverso l’attenta dissezione e l’utilizzo accorto della vista, di quel senso tanto indispensabile ad un pittore, egli cerca di cogliere la natura oggettiva delle cose.

L’osservazione diviene investigazione sull’essenza della materia, partendo dagli elementi base di una grammatica spogliata da ogni orpello Settecentesco alla Alexandre Cabanel, dal pointillisme visionario e preciso di Seurat e Signac, ma anche distante dagli altri “post-impressionisti” (convenzionalmente, Vincent VanGogh, Paul Gaugin, Henri de Toulouse-Lautrec, ecc.).

La scelta di selezionare un tema e attuare su esso variazioni intese come studi e approfondimenti, come maturazioni, processi di miglioramento e modifica non è inaudita nella storia dell’arte, ma in questo specifico frangente essa ha un valore particolarmente significativo.

Le cinque tele sopraccitate sono eloquenti nel mostrare il processo riflessivo che ha portato alla loro nascita, un processo di eliminazione degli elementi considerati inutili da Cézanne, inutili al riconoscimento della forma geometrica universalmente individuabile dei soggetti che la compongono, al suo impatto immediato sulla vista dello spettatore.

Le intuizioni e le rivelazioni artistiche e filosofiche di cui Paul Cézanne si fa portatore nella pittura di questo quadro/manifesto saranno un punto di svolta, di non ritorno per l’approccio moderno e contemporaneo alle arti visive e figurative, ma anche nella poesia (riprenderà questo approccio “ellittico” e di “ricerca dell’universalità attraverso l‘essenzialismo” il poeta, teorico e filosofo Paul Valery) e nell’arte moderna per eccellenza, il cinema.

L’immagine più conosciuta e icastica dell’analisi condotta su questi cinque quadri è quella conservata al Musée d’Orsay, a Parigi, risalente al 1894-95. L’opera finita, l’ellissi portata al suo apice, raffigura due uomini seduti al tavolino, carte in mano, una bottiglia al centro, un ambiente spoglio, come un’inquadratura cinematografica stretta. Il disegno è classico, robusto, le figure costruite corposamente.

Tuttavia, la tecnica pittorica è del tutto sconosciuta al palcoscenico dell’arte. Le pennellate sono quadrate, riempiono geometricamente il disegno basico, le linee semplici, la prospettiva imprecisa, quasi scorretta. Ogni sovrastruttura è stata abolita, il colore perde le mille piccole picchiettature e linee impressionistiche per acquisire maggior densità. Siamo davanti al primo esempio di pittura pre-cubista. In un solo quadro, la filosofia di un secolo, il futuro.

“La tesi da sviluppare è, qualunque sia il nostro temperamento o capacità di fronte alla natura, riprodurre ciò che vediamo, dimenticando tutto quello che c’è stato prima di noi.”
(Cézanne, lettera a Émile Bernard, 23 ottobre 1905)

 

 

 

 

La Redazione

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