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Il commissario Ricciardi a fumetti

di Maria Cristiana Grimaldi

In occasione del terzo giorno della fiera Ricomincio da libri che si è tenuta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, all’incontro curato dalla scuola italiana di Comix, si è discusso del progetto che ha visto il personaggio creato da Maurizio De Giovanni prendere la forma del fumetto italiano.

Luca Crovi, editor della casa editrice di fumetti Sergio Bonelli, ha discusso con chi ha lavorato in particolare all’opera Il posto di ognuno, chiedendo quali fossero state le problematiche che tutti hanno incontrato nel dover dare una fisicità grafica a storie che i lettori hanno sempre e solo immaginato grazie ai dettagli che l’autore ha fornito nei suoi libri.

Il problema che si è presentato è stato quello della trasposizione di un’opera da una piattaforma ad un’altra, e ha riguardato soprattutto disegnatori e coloristi, coloro che hanno dovuto dare un volto alle parole. Come può cambiare la letteratura che diventa fumetto? Quali sono le linee guida da seguire e come si può riuscire ad accontentare il lettore che ha immaginato con la propria testa un personaggio? Ma soprattutto che ruolo ha il padre di quel personaggio?

Questa sfida si è presentata alla casa Bonelli quando, nel 2010, Maurizio De Giovanni ha deciso di regalare i diritti del Commissario affinché diventasse un’opera delle loro mani. In particolare ha chiesto che fosse tutto coordinato dalla scuola italiana di Comix.

La Bonelli si è trovata per la prima volta a lavorare con un romanzo d’autore, con caratteri che non sono stati generati da loro. Non poteva che nascere qualcosa di nuovo, inedito, da tutti i punti di vista.

Secondo Mario Buzo, furono dieci i disegnatori dei fumetti campani, chiamati a disegnare il personaggio e Daniele Bigliardo, uno di loro, ha parlato della sfida che si è trovato ad affrontare sia con l’opera che con il ruolo dell’autore romanzesco. Ha dovuto creare graficamente il volto di Ricciardi, quello che Maurizio aveva in testa secondo le sue regole e i suoi punti di vista che ha cercato di esternare, nella speranza che chi gli fosse di fronte, carpisse l’immagine dal suo cervello.

Ha spiegato che chi non è del mestiere non riesce subito a capire che il fumetto ha un tipo di disegno più vicino a quello del teatro che a quello del cinema e che bisogna adottare uno stile ben preciso, inconfondibile, che lo renda unico e peculiare. In questi casi ciò che occorre è un distacco dell’autore che deve lasciare agli altri i loro compiti, per non compromettere l’intero lavoro, già lungo e difficile, che altrimenti non avrebbe mai fine se ci si fermasse ad ogni sottigliezza che non risponde ai propri canoni d’immaginazione.

“Ognuno ce l’ha nella sua testa, tu puoi solo suggerire la tua visione”.

Mentre De Giovanni stava lì a chiederlo più olivastro, più meridionale, più brutto, più scavato nel suo impermeabile, pian piano è venuta fuori una evoluzione che ha visto la sua trasformazione dai bozzetti iniziali a quelli finali.

Anche la disegnatrice Lucilla Stellato, proveniente da Nathan Never e catapultata nella Napoli degli anni ’30, ha dovuto reinventare il suo lavoro, riuscendo però a soddisfare l’autore che ha tenuto lo sguardo di Ricciardi disegnato da lei, su Facebook, per quasi un anno, sottintendendo la sua approvazione per quelle linee e per gli occhi di un verde meraviglioso e profondo.

In La condanna del sangue, dove i comprimari erano davvero tanti, ad ogni personaggio è stato dedicato uno studio particolare per indovinare i tratti e i connotati che li rendessero, il più possibile, corrispondenti alle descrizioni dei libri.

Non tutti abbiamo la stessa percezione del personaggio”.

Sicuramente ciò che ha aiutato questo progetto ad andare avanti è stata la stretta collaborazione di tutti e l’elasticità mentale servita a far sì che gli adattamenti funzionassero, sia da parte dell’autore che da coloro che hanno preso in mano il suo lavoro per regalargli nuova forma artistica, una nuova dimensione, la quarta.

La Redazione

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