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Sorelle gemelle: Arte e Follia

Arte e follia sono sempre andate estremamente d’accordo nel corso della storia, quasi fossero sorelle gemelle.

Vero è che non c’è bisogno di essere artisti per essere pazzi e viceversa, tuttavia l’originalità e la creatività, che hanno contraddistinto alcune figure della storia dell’arte, sono state per loro anche causa di pazzia, e la pazzia stessa ha nutrito e accresciuto queste capacità artistiche.

A volte l’artista è stato addirittura ritenuto pazzo, solo perché i suoi contemporanei non riuscivano a comprenderlo, e in molti sono stati ostracizzati, considerati fanatici e abbandonati nel corso della loro vita, per essere riscoperti poi soltanto dai posteri e ricevere quindi il giusto riconoscimento senza poterlo mai vedere con i propri occhi. Ogni epoca ha la sua nevrosi, e potremmo dire che ogni epoca ha anche il suo artista nevrotico per eccellenza, vediamone alcuni.

Una delle figure più interessanti quando si parla di follia nell’arte rimarrà per sempre Torquato Tasso. Circa la pazzia dell’autore della Gerusalemme Liberata, nato a Sorrento e vissuto per gran parte della sua vita al servizio della corte estense di Ferrara, si è largamente dibattuto. In molti sostengono che il peso di una società quale quella dell’Italia, in piena Controriforma, fosse troppo per un animo sensibile come quello del Tasso, e che questo lo abbia portato a soffrire di manie di persecuzione.

Il povero Torquato arrivò addirittura ad essere rinchiuso in una struttura di recupero poiché, nel corso di un incontro a palazzo, non riuscì più a trattenersi ed ebbe probabilmente un attacco di ira al cospetto di tutta la corte. Non fu l’unica volta che il poeta manifestò evidenti segni di squilibrio e tendenza alla violenza ingiustificata, arrivò perfino a scagliare un coltello contro un servo di palazzo perché riteneva che questo tramasse piani oscuri e terribili contro di lui.

In seguito si convinse che un folletto e un mago nascondessero i fogli sui quali egli scriveva le sue liriche, e durante la notte cambiassero il contenuto dei suoi versi.  Senza dubbio la società in cui Tasso ha vissuto non lo ha aiutato, ma ciò che è evidente è che quest’uomo avesse la forte tendenza ad auto colpevolizzarsi, e ciò sviluppava in lui un forte sentimento di senso di colpa verso ciò che esprimeva nelle sue opere, condannando tutte quelle tendenze e pulsioni che troppo si legavano alla vita terrena e si allontanavano da quella ultraterrena e divina.

Inoltre se si pensa che Tasso arrivò a travestirsi da pellegrino per far visita alla sorella e scoprire ciò che davvero ella pensava di lui, si comprende quanto bassa fosse l’autostima di uno dei più grandi poeti della storia.

Una figura molto interessante è poi quella di Brian Wilson, principale autore di numerosi brani del gruppo pop rock Beach Boys, gruppo americano che nel corso degli anni ‘60 si configurava come la più valida risposta alla cosiddetta “British Invasion” e cioè la predominanza di gruppi inglesi nelle prime posizioni delle classifiche musicali degli Stati Uniti.

Il cantautore si era già dimostrato una persona particolare quando, al seguito del successo ottenuto dalla sua band, dichiarò di voler partecipare soltanto alla produzione artistica in studio, e di non voler suonare con il resto del gruppo dal vivo.

Tra i vari complessi inglesi che dominavano la scena in quegli anni, i Beatles in particolare rappresentavano una vera e propria ossessione per Wilson. Egli voleva riuscire a tutti i costi a superare i musicisti britannici, e in particolare ad eguagliare l’incredibile produzione artistica di Paul McCartney, che Brian aveva conosciuto personalmente.

Un giorno Paul, ospite a casa Wilson, suonò al pianoforte per Brian e per sua moglie, una versione primordiale di quella che poi sarà She’s Leaving Home, brano contenuto nel pluripremiato Sgt Pepper Lonely Hearts Club Band.

I due durante l’esecuzione di McCartney scoppiarono in lacrime e Brian non dimenticò mai quella canzone. In seguito egli provò a scrivere un disco che avrebbe dovuto essere la risposta al capolavoro dei Fab Four, ma questo lavoro, intitolato SMiLE, non vide la luce prima del novembre del 2011, poiché diverse tensioni interne nel corso del 1967\68, anni durante i quali il gruppo lavorava all’opera, fecero sì che i vari componenti non riuscirono più ad accordarsi bloccando così l’uscita del disco.

Questo provocò a Wilson un totale esaurimento nervoso, che lo portò a lavorare sempre meno con il resto del gruppo, rinchiudendosi in casa, in se stesso e nelle droghe. Numerose sono le stravaganze riguardo questo periodo di profonda depressione dell’autore di brani quali Wouldn’t It Be Nice, God Only Knows e Surfin U.S.A.

Si dice che Brian scoppiasse inspiegabilmente in lacrime durante le puntate del telefilm del delfino “Flipper”, si cibasse solo di bistecche al sangue e cocktail di gamberetti, e avesse riempito di sabbia una camera della sua villa, così che durante le sue composizioni al pianoforte, potesse sprofondarci i piedi e trarre da ciò ispirazione. In seguito Wilson riuscì a riprendersi, e oggi è ritornato in attività come autore solista e produttore discografico.

Altri personaggi molto famosi, come Vincent Van Gogh o Frederich Nietzsche, possono essere a tutti gli effetti inseriti in questo specialissimo gruppo di artisti fuori dal comune. Ciò che è sicuro, è che tutti loro hanno insegnato al mondo intero a vedere le cose in modo diverso e hanno condotto la società verso qualcosa di nuovo e mai sperimentato prima.

di Francesco Ferdinando Veneruso

La Redazione

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