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Deterioramento delle pitture

di Marta Maresca

Le opere d’arte sono notevolmente danneggiate dall’ambiente in cui si trovano, per cui si rivela necessario sottoporle a lavori di restauro.

Spesso capita di ammirare opere d’arte dalle forme e dai colori sbiaditi. Tali modifiche sono imputabili agli agenti atmosferici e antropici con cui il manufatto è venuto a contatto dalla sua creazione; per questo motivo, per restituire l’opera agli antichi splendori, urge analizzare metodicamente gli ambienti in cui essa è stata situata, al fine di individuare le sostanze chimiche e i microrganismi che hanno causato il suo deterioramento e stabilire la tecnica più adeguata per agire.

Le opere situate all’esterno degli edifici vanno maggiormente incontro a deterioramento dal momento che sono costantemente esposte agli agenti atmosferici: il vento e la pioggia erodono la superficie delle sculture, mentre gli acidi che si formano nell’acqua piovana, a causa dell’inquinamento atmosferico, contribuiscono a consumarle.
Inoltre, il sole e l’umidità possono causare crepe nella struttura per i continui cambiamenti di temperatura, i quali provocano dilatamenti e restrizioni del materiale. Al fine di preservare il patrimonio artistico spesso le postazioni originarie delle sculture vengono occupate da un calco, mentre gli originali sono spostati all’interno di edifici.

Per quanto riguarda le tecniche pittoriche, negli ultimi decenni sono state elaborate una serie di procedure di restauro che permettono di riacquisire in buona parte le forme e i colori originari.

Nel caso degli affreschi i pigmenti vengono applicati sull’intonaco, previo trattamento preparatorio della superficie e vengono inglobati totalmente quando giunge a completamento il processo di carbonatazione, cioè di formazione di sali di calcio. Tali sali, purtroppo, vanno facilmente incontro a solfatazione:

CaCO3 + H2SO4 + H2O = CaSO4·2H2O + CO2

Il carbonato di calcio, per reazione con l’acido solforico spesso presente nelle piogge, forma il solfato di calcio biidrato, comunemente chiamato gesso.
Tale sostanza ha una massa volumica doppia rispetto al cristallo di carbonato originario, per cui, oltre alle modifiche pigmentali, è possibile notare anche deformazioni delle superfici.
Nel corso del restauro di affreschi solfatati si attua, dunque, un processo di desolfonazione con idrossido di bario, atto a ristabilire quel processo di carbonatazione che aveva consolidato il colore all’intonaco. L’idrossido di bario forma il rispettivo sale carbonato, che funge da cementante.

 

 

La Redazione

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