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Psicologia del travestimento: non solo un gioco

di Raffaele Iorio

A pochi giorni dal COMICON una piccola riflessione sulla psicologia che c’è dietro al cosplay

È capitato a tutti di avere un amico un po’ “strano”, quello che inconsciamente, perché appassionato di cose insolite, si tende ad emarginare.

Il mio si chiamava Pippo. Pippo era un appassionato di manga, e fin qui nulla di insolito. Ben presto Pippo iniziò a coltivare la passione per i cosplay, un giorno lo trovammo vestito da Sasuke Uchiha. Identico… ma noi  ˗ a quel tempo –  non eravamo di certo tra coloro che apprezzarono lo sforzo. Lo declassammo alla solita maniera: un’altra delle sue stranezze.

Crescendo, ben presto sono venuto alla conoscenza del COMICON e, fidatevi, è stato molto formativo.
Imparai una lezione molto importante: l’ignoranza genera la discriminazione.

Ho scoperto l’acqua calda direte, in un certo senso sì ma fa ancora un certo effetto sapere come ci possa essere discriminazione anche con le cose, all’apparenza, più sciocche. Un ottimo esempio può essere rappresentato dall’insonne, che non riuscendosi a svegliare presto è etichettato come il solito “buono a nulla”, niente di più deleterio. L’insonne, se non attento, passerà la vita a sentirsi strano. La discriminazione nasce dall’ignoranza che non permette al prossimo di immedesimarsi con i disagi dell’altro.

Ma torniamo al nostro Pippo.

Un giorno, mentre camminavo per strada, Pippo mi presentò la sua ragazza. Non ricordo il nome ma ben presto iniziammo a discutere animatamente del COMICON, cosplay, fumetti e molto altro ancora. Mi rivelò di essere lei stessa a cucire i costumi e di nascondere tutto ciò ai propri genitori: non volevano avallare la sua passione.

La domanda è perché? Perché per molti il travestimento è soltanto un gioco e non bisogna spendere soldi per delle sciocchezze. Nulla di più sbagliato.

In un articolo di Focus (settembre 2017) alcuni studiosi hanno cercato di chiarire le dinamiche che spingono le persone a travestirsi da personaggi preferiti e non.

Riflessioni molto interessanti, come quella del dottor Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro.
Secondo l’esperto alla base del travestimento ci sono alcuni aspetti, tra i quali il processo di identificazione: si tende a scegliere personaggi affini al proprio essere o completamente diversi per conoscere meglio se stessi. Inoltre sostiene Lancini: «Identificarsi con un supereroe o un eroe può aiutare per esempio chi ha difficoltà di relazione, e che con il costume può trovare un senso di appartenenza a una comunità, oltre che popolarità».

Tolto il fatto che la metà dei cosplayer dichiara di farlo per divertirsi, il travestimento non è solo un gioco. Essere partecipi di qualcosa aiuta lo spirito e la mente e non permette di sentirci mai sbagliati. Questo aiuta quando la tua stessa famiglia non condivide le tue passioni.

È per questo che manifestazioni come il COMICON non sono solo un gioco.

 

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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