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Ancora un po’ di blu

Te lo ricordi ‘sto posto Marì? Quante volte ho aspettato il treno per raggiungerti con la scusa del caffè, per vedere i tuoi occhi blu, per arrivare al mare.

Oggi sono esattamente dieci anni da quando te ne sei andata. Per un attimo me ne ero quasi dimenticato, la demenza senile degli anni inizia a farsi sentire. Però quando mi sono svegliato all’alba e mi sono affacciato sul nostro giardino come tutte le mattine da dieci anni a questa parte, qualcosa di strano l’ho notato.

C’era troppa rugiada sui tuoi fiori Marì, secondo me manchi pure a loro. Stamattina il caffè non l’ho bruciato. Strano, eh? Non l’ho mai saputo fare ma non so perché. Ci deve essere qualcosa che sbaglio nel procedimento, come dicevi tu, ma ancora adesso non capisco cosa. Lo seguo passo per passo come mi hai spiegato mille volte, ma mai che mi fosse uscito buono come il tuo.

Oggi è la prima volta che mi esce buono o comunque non bruciato e preso con questa bella aria fresca, nel nostro giardino, è pure meglio. Lo sai Marì, oggi mentre lavavo la tazza, mi è venuta in mente di quella sera di festa a Sorrento, quando ci siamo conosciuti.

Chissà se tu te la ricordi, ma secondo me sì. Sei sempre stata più brava di me in queste cose. Mi ricordo di quando Salvatore mi tirò a ballare. E chi aveva mai ballato prima. Io ho sempre zappato la terra, non avevo tempo di ballare. E, oltretutto, non lo sapevo neppure fare. Tutte quelle tarantelle, quei cerchi di persone, il vino. Era tutto bello, metteva allegria, ma io ero troppo goffo. Poi arrivasti tu insieme a Concetta.

Concetta la conoscevo da anni ormai, la verdura fresca la veniva a prendere da me tutte le mattine, ma a te non t’avevo mai visto. Occhi blu. Questa è la prima cosa che ho pensato quando ti ho vista Marì. Blu. Avevi due occhi che erano più belli del mare di Sorrento la domenica mattina. Me li porto ancora addosso quegli occhi e quando m’hai guardato mi sono scordato di tutto il resto. Forse è per questo che stamattina, per un attimo, mi sono dimenticato di che giorno era.

Perché secondo me mi stavi guardando. Per anni è sempre stato così, quando mi guardavi dimenticavo sempre qualcosa. Dimenticavo il mondo. Quella sera, dopo essermi presentato, non mi avvicinai più a te. Anzi, ti evitavo con cura. Avevo troppa vergogna.

Tu, con quegli occhi blu e il vestito bianco, troppo bella e troppo pulita per un lavoratore come me dalle mani sporche e dal cuore pure. Però la verità è che quando mi hai guardato Marì, io non ho capito più nulla. Mi sono pure scordato di essere sporco: mi hai fatto sentire pulito. E secondo me là mi sono innamorato, ne sono certo e sai perché?

Perché quando la settimana dopo dovevo chiudere la valigia per andare in America a trovare fortuna come tutti i miei coetanei, la valigia non l’ho chiusa più. L’America non mi serviva. Io l’America l’avevo trovata negli occhi blu di Maruzzella mia. Lo so, la vita con noi non è stata troppo clemente.

Forse se fossi partito per l’America e avessi fatto fortuna, ti avrei fatta vivere meglio. Ma se quando tornavo non ti trovavo più, a che mi sarebbe servita tutta quella fortuna se mai fossi riuscito ad averla? La vita non è stata dolce di zucchero con noi Marì.

Il lavoro certe sere ci faceva diventare la schiena di carta e le mani troppo dure pure per le carezze. Però tu mi hai salvato l’anima mille volte. Sei stata la mia spalla forte quando la vita mi buttava giù e il mondo mi schiacciava.

Quando non sapevo che cosa mettere davanti alla bocca dei miei figli ti sei sempre inventata le cose più buone per rendere la merda caviale. E quando il sole bruciava, la terra ardeva e il raccolto inceneriva, hai sempre saputo far diventare fiori le mie lacrime.

Ci sei sempre stata: tra lacrime e sorrisi, silenzi e carezze, pugni e denti stretti. La sai un’altra cosa che non mi ricordo? Il titolo del libro che mi hai regalato quando ancora non sapevi che la mia firma fosse una croce.

Ancora adesso, anche se cerco di ricordarmi, proprio non ci riesco. Ricordo solo la copertina rossa e la frase finale, ma solo perché una volta la sentii leggere ad Assuntina ad alta voce e quando non mi guardi la ricordo ancora.

Un giorno di domenica tornasti a casa.

Oggi è domenica Marì.

Oggi sono dieci anni da quando te ne sei andata, da quando il caffè non ha più lo stesso sapore.

Oggi riprendo il treno, oggi torno a Sorrento. Oggi torno al mare, torno dagli occhi tuoi blu.

Prepara il caffè che sto arrivando Marì. Ti vengo a prendere, cor mij.

Adele De Prisco

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Adele De Prisco

Adele De Prisco, nata nel cuore dell'inverno nel quasi ormai troppo lontano 1995 a Gesualdo, è una laureanda in Filologia Moderna presso la Federico II. Non ama definirsi né raccontarsi, nella maggior parte dei casi non è nulla di quello che pensate voi. Dunque, tutto quello che c’è da sapere sul suo conto lo scoprirete leggendola su La Testata, o forse no.
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